L’anafilassi è una reazione di ipersensibilità sistemica violenta e anomala nei confronti di una sostanza estranea, caratterizzata da segni/sintomi che coinvolgono diversi organi e apparati (cute, apparato respiratorio gastrointestinale e cardiocircolatorio), ad esordio improvviso e rapida evoluzione. In presenza di una compromissione cardiocircolatoria con brusco abbassamento dei valori pressori si configura il quadro dello shock anafilattico, che rappresenta una vera e propria emergenza allergologica in cui la somministrazione dell’adrenalina è il trattamento (salvavita) tempestivo da instaurare.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità differenzia l’anafilassi allergica, con una reazione sostenuta da meccanismi immunologici, dall’anafilassi non allergica, che non si basa su una reazione immunomediata; le cause responsabili dell’anafilassi sono di diversa natura e tra i più diffusi fattori scatenanti sono stati individuati gli alimenti (da soli o associati a uno sforzo fisico), i farmaci (in particolare antibiotici della classe beta-lattamici, anti-infiammatori non steroidei, farmaci biologici), le punture d’imenotteri, il lattice, l’esercizio fisico, gli agenti diagnostici (ad esempio mezzi di contrasto). L’anafilassi può rappresentare una temibile complicanza degli interventi chirurgici (anafilassi perioperatoria), per la contemporanea presenza, in tale situazione, di molteplici potenziali fattori scatenanti come, ad esempio, farmaci miorilassanti, anestetici e lattice. In alcuni casi l’agente responsabile della reazione non è individuato, per cui è posta la diagnosi di anafilassi idiopatica.
I criteri per la diagnosi dell’anafilassi sono stati a lungo oggetto di dibattito nella comunità scientifica e oggi si è concordi nel definire l’anafilassi sia sulla base delle manifestazioni cliniche sia in relazione all’eventuale esposizione a un allergene noto o potenziale per il paziente. Pertanto la raccolta anamnestica con ricerca puntuale di informazioni relative a pregresse reazioni con l’allergene sospetto o con sostanze simili è un punto chiave per l’accertamento diagnostico.
I sintomi solitamente insorgono in stretta correlazione temporale con l’esposizione all’elemento responsabile dell’anafilassi e le forme di maggiore gravità si caratterizzano per l’esordio molto precoce delle manifestazioni cliniche (in particolare quando il fattore scatenante è un farmaco) e per il decorso rapidamente evolutivo. Talvolta l’evoluzione dell’anafilassi può caratterizzarsi per la ricomparsa dei sintomi in un arco temporale di 1-3 ore (anche se riacutizzazioni più tardive sono state descritte) dopo l’apparente risoluzione iniziale del quadro (anafilassi bifasica). L’osservazione clinica in ambiente ospedaliero per le successive 12 – 24 ore è quindi indispensabile per tutti i casi di anafilassi.
I sintomi sono molto eterogenei e coinvolgono simultaneamente diversi distretti corporei; nella fase di esordio possono essere presenti prodromi come formicolio, prurito e senso di calore al cuoio capelluto, alle mani e ai piedi, prurito al cavo orale, sensazione di gonfiore di labbra e lingua.
Nella fase conclamata i sintomi possono localizzarsi nelle seguenti sedi:
- Cavo orale: prurito ed edema di labbra e lingua; sapore metallico in
- Cute: orticaria, angioedema, rash eritematoso, prurito diffuso
- Occhi: iperemia congiuntivite, lacrimazione, edema periorbitario
- Apparato gastrointestinale: nausea, dolore addominale, vomito e diarrea
- Apparato respiratorio: congestione nasale, rinorrea, starnutazione a salve, disfonia, raucedine, respiro corto, dispnea, tosse, respiro sibilante
- Apparato cardiovascolare: ipotensione, sincope, dolore precordiale, aritmia
Studi clinici hanno analizzato la frequenza con cui i vari distretti dell’organismo sono coinvolti, evidenziando la maggiore ricorrenza di manifestazioni a carico della cute e, in misura inferiore, dell’apparato respiratorio.
Sono stati, inoltre, identificati dei fattori rischio (di seguito elencati) che possono facilitare l’insorgenza della reazione anafilattica o rendere più complesso il suo trattamento:
- Presenza di patologie concomitanti come asma, altre malattie allergiche, patologie cardiovascolari, mastocitosi
- Terapie con beta-bloccanti e ACE-inibitori, che limitano l’efficacia del trattamento con adrenalina, mentre l’assunzione di FANS o l’ingestione di bevande alcoliche potenziano l’attività di potenziali allergeni come gli alimenti. L’attività fisica rappresenta un importante fattore di rischio, soprattutto se associata ad allergia alimentare: i meccanismi ipotizzati come responsabili di tale fenomeno di ipersensibilità sono correlati all’incrementato assorbimento intestinale dell’allergene e all’aumentato rilascio dei classici mediatori dell’infiammazione allergica indotti dall’esercizio fisico in presenza dell’allergene alimentare
- Alcuni autori ritengono lo stress e lo stato premestruale altri potenziali fattori di rischio.
In caso di anafilassi è fondamentale:
- contattare il servizio sanitario di emergenza (118)
- sostegno delle funzioni vitali
- eliminare il fattore scatenante, se presente (ad esempio interruzione dell’infusione del farmaco ‘responsabile’)
- posizionare il paziente in posizione supina, stendendolo sulla schiena e sollevando le gambe
5. somministrare in tempi rapidi l’adrenalina, per via intramuscolare nella parte anterolaterale della coscia. In caso di non risposta al primo trattamento la somministrazione dell’adrenalina dovrà essere ripetuta a brevi intervalli temporali (5-15 minuti). L’impiego di steroidi e antistaminici non è in grado di contrastare le reazioni moderate e gravi, per cui la loro somministrazione è giustificata esclusivamente per la prevenzione della riacutizzazione nelle forme a evoluzione bifasica. La diffusione di adrenalina in formulazioni autoiniettabili attraverso specifici dispositivi ha facilitato la gestione degli episodi acuti, soprattutto nei pazienti ad alto rischio, che avevano già avuto esperienza di reazioni anafilattiche
Nella gestione a lungo termine, la visita allergologica permetterà l’accertamento della diagnosi, l’identificazione dell’agente responsabile e la corretta educazione del paziente: l’obiettivo è minimizzare il rischio dell’insorgenza di nuovi episodi che possano mettere in pericolo la vita del paziente.